Dove la spiaggia è sempre deserta, c’è un bel corpo nudo tra due montagne di poseidonia. E’ un corpo ginnasticato, tonico e abbronzato. Immobile. Ovvio, visto che è un cadavere, ma non c’è nessun segno di violenza. Nessuna ferita apparente, né sangue o ematomi visibili. Sembra quasi il corpo di un dio del mare. Forse esagero ma, vedete, il corpo è il mio. Sarà per questo che mi appare ancora così bello. Non starò ancora qui per molto: non voglio assistere alla putrefazione del mio supporto materiale, del mio hardware insomma. Solo il tempo di raccontarvi come sono finito cibo per i vermi nel fiore degli anni, sempre che questo possa interessarvi.
Non è passato molto tempo dalla strombazzata parata gay nella città eterna. Liberi di pensarla come vi pare, ma, sinceramente, non vedo perché si debba essere orgogliosi del proprio orientamento, diciamo così, sessuale: etero, omo, bi etc. che sia. Comunque non è importante adesso. Tutto è cominciato, o è finito, mentre guardavamo la TV. Eravamo a pranzo dai miei e mamma: “Ma questo che ci fa? Non aveva detto che la sfilata era inopportuna e che sarebbe stato come fare una sfilata antisemita a Gerusalemme viagra cena?”. “Incoerente” “Opportunista” “Oppiomane” “Cambiano idea come cambia il vento” e mio padre: “Ma non esistono più i valori? Anche la coerenza è un valore etico”.
In realtà, per me la coerenza è di per sé moralmente neutra: si può essere coerentemente buoni come coerentemente cattivi, o no? Ora posso dirlo dall’alto della mia purezza spirituale. Ma è anche vero quello che dice mio padre: in fondo coerenza significa anche affidabilità e senso di responsabilità, forse. Fatto sta, che mio padre non sopporta la finzione. Crede che si debba arrivare fino al martirio sociale, dice lui, pur di non vivere da sepolcri imbiancati. Aveva visto più volte me e Paolo insieme. Il nostro “legame” non era più un mistero per nessuno a casa e infatti quel giorno Paolo era a pranzo da noi. Paolo è di qualche anno più grande di me. E’ una persona serena ed equilibrata. Ci siamo conosciuti in facoltà e abbiamo alcuni interessi in comune, come il nuoto e la lettura, ma soprattutto ridiamo insieme. Se ci pensate, non è poi così facile essere in sintonia sulle risate. Non parlo delle risate “indotte”, da barzellette, battutine o film comici, per quanto sia difficile anche ridere delle stesse barzellette o battutine o trovare divertenti gli stessi film. Per esempio, molti trovano divertenti le disgrazie di Fantozzi. Io no. Si ride di una persona ed io lo trovo per giunta antieducativo. Lo trovavo, mi dimentico di usare il passato. Comunque, dicevo, non è facile ridere delle stesse cose, dello stesso niente. Ebbene, tra me e Paolo c’era questa sintonia. Ridere è un dono degli dei e noi eravamo grati agli dei per questo dono. Dei pettegolezzi della gente non c’importava, né delle risatine o degli sfottò. Ci sentivamo al di sopra di queste miserie umane-troppo-umane.
Come avrete intuito, non sono ancora del tutto pronto a lasciare questo mondo per sempre, e forse è per questo che mi dilungo un po’ troppo. Per sempre. Fa paura a tutti, no? Beh, vengo al dunque.
Parlavamo insieme abbastanza pacatamente, come al solito del resto. Poi, rimasti soli, il tono di voce si era alterato e la discussione era degenerata in una, banale e forse prevedibilissima, lite.
“Ma che ti costa? A me puoi dirlo. Non ti ho sempre capito e aiutato?” “Te l’ho detto tante volte. Non è come credi e come credono tutti. Credete a quello che volete credere.” “Non capisco perché ti ostini a negare. Lo vedono tutti. E’ amore, no? E allora dillo! Dillo! Dillo!” “Amo anche te, se per questo, ma c’è bisogno di annunciarlo per pubblici proclami?” “Anch’io ti amo, ti ho sempre amato. Lo sai vero?” E così mi ha stretto a sé. Non ho sentito niente o quasi. Solo una puntura di spillo e lui, da lontano, che diceva: “L’ho fatto per te, perché ti amo e non sopportavo di vederti soffrire ancora per i tuoi tormenti interiori. Il mondo è crudele. Non meritavi tutto quel male”.
Nessun rancore no, ma, vedete, il fatto è che, sì, mi ha sempre aiutato ma non mi ha mai veramente capito. Non ha mai voluto credere che non c’erano tormenti interiori in me, che non vivevo nell’apparenza e che uno degli interessi che Paolo ed io avevamo in comune era l’amore per le donne. Le donne, povero babbo mio!
Questo ed altri racconti nella pagina del mio sito web di cui al link che segue. Grazie a chi vorrà visitarla!