“Regali da uno sconosciuto”: Il passato bussa alla porta

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Dopo aver ottenuto un nuovo lavoro per una prestigiosa compagnia, Simon (Jason Bateman) si trasferisce insieme alla moglie Robyn (Rebecca Hall) da Chicago a Los Angeles, con l’intento non solo di iniziare una nuova vita ma, allo stesso tempo, cercare di superare il dramma della perdita del figlio avvenuta durante la gravidanza di Robyn. Un giorno, mentre la coppia sta facendo acquisti per la nuova abitazione, i due incontrano Gordon “Gordo” Moseley (Joel Edgerton), ex compagno di liceo di Simon. Da quel momento Gordon diventa una presenza fissa nella vita di Robyn e Simon, frequentando la loro casa e lasciando, di continuo, dei regali. Ma dietro l’apparente aria di persona tranquilla e amichevole, Gordon nasconde un segreto legato al suo passato ed a quello di Simon. Un mistero, questo, che si dipana lentamente, rovesciando completamente le apparenze e facendo a pezzi la tranquillità di Simon e Robyn.

Dopo aver dimostrato, in pellicole come Animal Kingdom (id., 2010, di David Michôd), Warrior (id., 2011, di Gavin O’Connor) e Zero Dark Thirty (id., 2012, di Kathryn Bigelow) le sue ottime performance interpretative, l’attore australiano Joel Edgerton ha deciso di passare dietro la macchina da presa per Regali da uno sconosciuto – The Gift (The Gift, 2015), thriller psicologico in cui, oltre a far le veci del regista, Edgerton recita al fianco di Jason Bateman e Rebecca Hall.

Fin dalle battute iniziali della sua prima opera, l’attore-regista mette in chiaro il fatto di conoscere alla perfezione i meccanismi dei generi cinematografici, in particolar modo quello del thriller e del giallo di hitchcockiana memoria: l’incipit idillico di una nuova vita, l’incontro con una persona misteriosa e (quasi) sconosciuta che sbuca dal nulla, la costante presenza del terzo incomodo che, lentamente, si trasforma in potenziale minaccia, lo scoperchiarsi di verità nascoste e taciute per anni e – infine – l’immancabile faccia a faccia finale tra vittima e carnefice che in Regali da uno sconosciuto, viene completamente invertito. Tuttavia non bastano le ottime doti di metteur en scène che, in tutta sincerità, qui sono davvero notevoli a fare del lungometraggio di Edgerton un film memorabile. Dietro la splendida e altamente funzionale regia che riesce ad accrescere, minuto dopo minuto e scena dopo scena, quell’incombente senso di minaccia proveniente dall’esterno – enfatizzato ancor di più dalle inquadrature vedo-non-vedo e dagli angoscianti punti di vista/soggettive filtrati/e, spesso e volentieri, attraverso le claustrofobiche superfici di vetro dell’abitazione dei coniugi Robyn e Simon – si cela il punto più debole di Regali da uno sconosciuto, ovvero la mancanza di spessore della vicende che sì partono lentamente e con la giusta marcia inserita ma che – purtroppo – non riescono a far evolvere nel giusto modo gli interessanti spunti di riflessione legati al passato di Simon e Gordon, un passato fatto di bullismo e violenza da parte di Simon nei confronti dell’ex compagno di studi.

Altro grave difetto dell’opera prima dell’attore australiano è quello di mixare i generi: in una struttura filmica votata al mistery, al thrilling puro (anche se i momenti di suspense hanno qui un sapore di già visto e, di conseguenza, non sorprendono lo spettatore più di tanto) e all’accumulazione di indizi degli del miglior giallo di Agatha Christie, Regali da uno sconosciuto perde terreno e verve nel momento in cui, dopo aver fatto crollare il castello di carte costruito ad hoc da Simon e distrutta l’apparente facciata di uomo perbene, il thriller fa posto al revenge movie perché, in fondo, il film ruota intorno al piano di vendetta silente e psicologica piuttosto che violenta e con relativo spargimento di sangue ordito da Gordon, voglioso di distruggere e rovinare per sempre l’esistenza del suo carnefice, il quale anni prima gli ha reso la vita un vero inferno.

Privo di quel spessore che, nel primo tempo, sembra esserci, Regali da uno sconosciuto è un thriller che si dimentica in fretta, che non lascia impresso nella memoria e negli occhi degli spettatori nessun ricordo degno di nota, eccezion fatta per le ottime interpretazioni dello stesso Edgerton, asciutto e inquietante quanto basta, dell’inglese Rebecca Hall, che si è fatta notare egregiamente qualche anno prima in The Town (id., 2010) di Ben Affleck e dell’americano Jason Bateman, più noto per dare il volto a personaggi da commedia piuttosto che a personaggi di natura più impegnativa, e per la davvero ottima regia con cui il regista ha costruito la sua storia di vendetta e di un ingombrante passato che bussa alla porta, con l’unico obiettivo di far pagare i conti in sospeso. Un’occasione mancata, quindi, che poteva mettere sotto la lente con maggiore perizia e occhio chirurgico temi attuali come il bullismo di cui, ogni giorno, numerosi studenti sono vittime silenti e quello dello stalking (anche se qui, lo stalker-vendicatore interpretato dal regista non è un “ruolo” per scelta spinto da manie e/o ossessioni voyeuristiche bensì per sete di giustizia), sempre più frequente nei casi di cronaca internazionale e nazionale.

- 11/12/2017

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