Di servizio presso il reparto volanti di Firenze, il poliziotto Mario si prepara ad affrontare un’altra dura giornata di lavoro. Ed è dopo una delle quotidiane chiamate d’emergenza, relativa al rinvenimento di una donna esanime per strada, che l’agente vede la sua intera esistenza sgretolarsi: il cadavere è quello di sua moglie, barbaramente uccisa. Senza più voglia di vivere, Mario decide di farsi giustizia da sé e dagli indizi raccolti capisce che, l’assassino, ha a che fare con il suo passato tra le fila delle forze speciali dell’esercito.
Se si attenzionano con scrupolo e perizia molti romanzi coevi, ci si rende conto di come, all’interno di ciascuno di essi, convivano differenti generi di riferimento: il dramma si mischia alla commedia, il thriller all’action, l’horror allo psicologico continuando in una potenziale combinazione letteraria senza fine. Tuttavia non è mai facile mixare, nel modo corretto, gli ingredienti di genere in un testo. Il dipinto rosso di Matteo Zito, però, è l’esempio di un riuscito quanto proficuo incontro tra generi.
Incrociando il poliziesco con il thriller alla Argento senza escludere un pizzico di spy story, Il dipinto rosso è una di quelle storie da leggere tutta d’un fiato, senza neanche un attimo di sosta. Tra le strade di Firenze c’è un serial killer che si aggira indisturbato poiché la moglie del poliziotto è solo la prima vittima di una lunga e inarrestabile scia di sangue proveniente dal passato, resa ancora più inquietante e infernale dal simbolismo che, l’assassino, lascia accanto ai cadaveri.
Ma come far collidere, senza ridondanze e pecche alcune, tre generi letterari così differenti tra loro? Questo è stato possibile poiché l’autore (che ha già all’attivo diverse pubblicazioni), nel raccontare le orribili vicende che sconvolgono il protagonista, ha predisposto a posteriori un sostanzioso background narrativo in modo tale che, tutte le singole storie parallele che compongono l’opera, vadano a incrociarsi tra di loro in quello che è l’intreccio principale. Ed è proprio questa caratteristica che offre, così, diversi punti di vista tra passato e presente, tra il prima e il dopo nonché tutti gli effetti di quest’ultimo.
Al pari del maniaco senza volto, fondamentalmente nessuno dei personaggi in scena è scevro di colpe: lo stesso Mario, ligio agente di polizia, ha alle sue spalle un trascorso fatto di sangue e azioni non proprio ortodosse, mosse dall’ideale della patria ma, al tempo stesso, per vendicare i compagni caduti. Un errore, questo, che gli è costato caro perché, in fondo, la tragica perdita della moglie è solo il primo tassello di un mosaico molto più grande di lui. Indizi, deviazioni di percorso, morti ammazzati e scomode verità portano il lettore, pagina dopo pagina, verso la risoluzione della storia in un teso climax capace di lasciare spazio a un più che giusto plot twist nonché alla possibilità di un finale aperto e ancora da scrivere.
Forte dell’ambientazione di una città d’arte come Firenze, le atmosfere di Il dipinto rosso trasmettono un senso di inquietudine e morbosità degne dei migliori gialli a tinte horror di tanto cinema italiano degli anni Settanta e, parimenti, anche il lungo flashback sul passato militare del protagonista apre uno spaccato riflessivo sulla storia bellica odierna e su tutte quelle, a volte non proprio cristalline, presunte operazioni di peacekeeping nell’instabile Medio Oriente. Un romanzo, quindi, che non si fa mancare proprio nulla e che, di sicuro, è capace di saziare l’appetito cerebrale anche del lettore più esigente.