“Krampus – Natale non è sempre Natale”: come ti assedio le feste

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Tom, Sarah, Beth e Max sono i componenti di una famiglia agiata della borghesia americana. Tre giorni prima del Natale, come tutti gli anni, alla felice famiglia si aggiunge quella di Linda, sorella di Sarah, con relativo marito, quattro figli e Dorothy, zia delle due sorelle. Durante la cena di benvenuto un alterco tra le figlie di Linda e Max porta quest’ultimo a rinnegare il Natale, non sapendo che, così facendo, ha dato vita a un effetto domino catastrofico. Infatti un’antica leggenda vuole che chi perde lo spirito del Natale e la fede in esso, richiami un essere demoniaco, il Krampus, conosciuto come l’ombra malevola di San Nicholas. L’indomani, il giorno prima della Vigilia di Natale, una imprevista, violenta e misteriosa tormenta di neve isola le due famiglie in casa. In realtà è l’inizio di un incubo poiché il Krampus è arrivato e con esso una schiera di mostruosi aiutanti.

Nel 1984 un allora semisconosciuto Joe Dante, regista con all’attivo una manciata di film tra i quali Piranha e L’ululato, senza dimenticare un episodio del film (tratto dall’omonima serie) Ai confini della realtà, metteva alla berlina la middle class americana e le festività natalizie con il poco politicamente corretto Gremlins, commedia-horror diventata nel corso dei decenni un cult imperdibile per ogni amante del cinema. A distanza di trent’anni Michael Dougherty, regista e sceneggiatore statunitense, ha tentato di replicare il successo di Dante con Krampus – Natale non è sempre Natale (Krampus, 2015). Favola dark a metà strada tra l’horror e la black comedy intrisa da una più che buona dose di humour e che affonda le sue radici nel folklore dei paesi nordici, Krampus – Natale non è sempre Natale cerca di riproporre, senza tuttavia ricorrere al repertorio del già visto, un prodotto simile e accattivante come Gremlins. Dougherty non misconosce né tantomeno rinnega la forte influenza avuta dal capolavoro di Dante, anzi, ne (ri)propone quella che è la struttura portante: un po’ film di Natale, un po’ satira senza mettere da parte elementi grotteschi e orrorifici, trait d’union fondamentale per le vicende del film.

Se da un parte, fin dai titoli di testa e dall’incipit, Krampus si propone come graffiante e scorretta critica satirica contro il consumismo e le ipocrisie di una famiglia (apparentemente) felice e perfetta, (in)capace di accogliere (a malincuore) sotto lo stesso tetto gli odiati/amati parenti (appartenenti alla middle class) in vista delle feste, dall’altra parte il film di Dougherty cambia registro nel momento in cui, in preda a forze sconosciute e malvagie, i due nuclei famigliari si trovano a dover vivere a stretto contatto e collaborare per sopravvivere all’inimmaginabile, mettendo da parte l’astio, i rancori e le incomprensioni. È in questa unione, in questa battaglia per la vita che i protagonisti tirano fuori le proprie capacità di lotta, asserragliandosi in casa, luogo per antonomasia ritenuto sicuro ma che, da un momento all’altro, si trasforma in una zona di guerra, con orde di giocattoli mostruosi che prendono vita, omini di pan di zenzero antropomorfi e sadici, pupazzi a molla carnivori e un plotone di elfi deformi. Ed è qui, nell’incredibile fortino domestico, che Krampus mostra gli altri modelli cinematografici a cui attinge, a partire dall’oramai classico assedio di johncarpenteriana memoria per poi passare alla caratterizzazione degli svariati villains al comando del Krampus, che pesca a piene mani nell’immaginario delle opere di Tim Burton e Henry Selick, in particolar modo all’immenso capolavoro di animazione nonché classico del cinema natalizio “alternativo” Nightmare Before Christmas (senza dimenticare un breve ma essenziale flashback animato e in stop-motion sulle origini del demoniaco Krampus).

Opera cinematografica spietata e senza peli sulla lingua Krampus – Natale non è sempre Natale non si limita – solo ed esclusivamente – ad essere un mero divertissement – nonostante di divertimento ce ne sia molto – sul come ti assedio le feste bensì, citando direttamente il classico letteral-dickensiano Canto di Natale, aiuta a capire l’importanza, il vero senso delle festività ovvero quello di unione, pace, rispetto e affetto (quello sincero) verso i propri cari, verso quei legami di sangue che, volenti o no, fanno parte del proprio essere e non solo durante il Natale, bensì ogni giorno per tutta l’esistenza. E, come i tre spiriti che nell’opera di Dickens fanno visita all’arcigno Ebenezer Scrooge per dargli una seconda possibilità, anche il demoniaco e mostruoso Krampus concede una seconda chance poiché, come recita il ritornello di una vecchia canzone degli anni Novanta, «o è Natale tutti i giorni, o non è Natale mai».

- 11/12/2017

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