“Lady Bird”: un urlo di ribellione che nasconde la voglia di crescere e conoscere

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Christine “Lady Bird” McPherson (Saoirse Ronan) è una ragazza come tante, alle prese con l’ultimo anno di liceo cattolico prima dell’inizio degli studi universitari. Christine vive a Sacramento, ridente capitale della California, insieme alla sua famiglia composta da un padre depresso e in crisi lavorativa, una madre troppo rigida con la quale è in netto contrasto, il fratello adottivo Miguel e la fidanzata di quest’ultimo. Christine trascorre le sue giornate tra scuola, lavoretti saltuari e il corso di teatro che frequenta insieme alla sua migliore amica “Julie”. Nei mesi che precedono l’entrata al college, la ragazza ha modo di conoscere l’amore, fare esperienza della vita e, contemporaneamente, scontrarsi spesso con sua madre che preferirebbe per la figlia un futuro meno pretenzioso e più vicino a casa.

Il delicato discorso incentrato sul passaggio dall’adolescenza all’età adulta è uno di quegli argomenti che il cinema, da decenni ormai, affronta senza timore alcuno offrendo, così, una visione variegata e variopinta di quel mondo a metà strada tra il non essere né più bambini né ancora grandi. Una ghiotta occasione, quindi, che non è sfuggita alla regista/attrice Greta Gerwig scrivendo e dirigendo Lady Bird, una commedia agrodolce che introduce lo spettatore in quell’universo intimo e introspettivo di ogni adolescente. Film dalle forti connotazioni indie ma non di certo sui generis, Lady Bird è uno spaccato esistenziale e societario degli Stati Uniti di inizio anni Duemila (le vicende narrate, infatti, prendono le mosse nel 2002) in piena transizione verso un clima sempre più diffidente e paranoico vessato dal fresco dolore e dall’immenso orrore degli attentati dell’undici settembre e dalle dirette televisive dei bombardamenti della Seconda Guerra del Golfo. Una Nazione in cui si muove spaesata la “Lady Bird” omonima, ribelle non tanto per natura ma – piuttosto – per scelta: quello di Christine è un urlo di ribellione che nasconde la voglia di crescere e conoscere il mondo in tutte le sue longitudini e latitudini, un impulso non pienamente realizzabile se, tuttavia, si rimane ancorati a quei posti di origine abitativi e famigliari a cui si è abituati.

Nonostante la presenza di luoghi comuni che, a primo acchito, potrebbero sembrare altamente stereotipati e abusati da tanta filmografia appartenente al genere, Lady Bird riesce ad andare al di là dell’archetipo del film generazionale e di formazione. Se da una parte la seconda regia della Gerwig riprende un campionario di situazioni e personaggi che, di certo, non brillano per molta originalità (come lo scontro generazionale tra figli e genitori, la presenza “iconica” della studentessa viziata, carina, ricca e desiderata da tutti i ragazzi oppure, ancora, l’ambientazione cattolica e bigotta della stessa scuola frequentata dalla protagonista) dall’altra parte, tuttavia, la regista riesce con un touch fresco e tutto suo a mettere in immagini l’aspetto chiuso della provincialità a stelle e strisce, condito da una certa superficialità legata alle apparenze – e qui, inevitabile, viene messo sotto la lente l’eterno contrasto tra proletariato e borghesia – e da tutta una serie di insicurezze, paure e cose da dire. La Christine/Lady Bird è l’attante che va a zonzo (come direbbe Deleuze) e che nel suo peregrinare, oltre a rendersi direttamente partecipe della sua stessa crescita, fa tesoro di un bagaglio di esperienze formato da sentimenti amorosi, la scoperta della propria sessualità e di quella altrui, il mettersi in gioco e, infine, capire il valore e l’importanza della vera e sincera amicizia così come l’affetto di una famiglia che, nel bene o nel male, è parte essenziale di se stessi.

Ed è proprio grazie a questo susseguirsi di aspetti che l’opus n. 2 della regista pone il suo contenuto tematico su un doppio binario, su un procedimento dicotomico volto a confrontare la micro realtà e la sua chiusura mentale contro la macro realtà e le sue visioni ben più ampie: non a caso il desiderio più grande di Christine è quello di trasferirsi a New York, la grande metropoli per antonomasia scevra di giudizio su ceto o etnia e considerata come una “grande culla” sicura, melting pot capace di accogliere chiunque voglia cambiare il corso della propria, limitante quotidianità. Ritratto delicato e accattivante di una sognatrice che, nonostante le difficoltà, riesce a concretizzare gli obiettivi di una vita, Lady Bird è la giusta sintesi di quel decisivo passo verso l’entrata nella vita adulta, uno step che non permette di tornare indietro bensì, anno dopo anno, comporta una costante crescita in avanti fatta di responsabilità e maturità ma, allo stesso tempo, è la rappresentazione dello “smarrimento” necessario per ottenere le giuste spinte motivazionali e fondamentali con le quali, finalmente, poter iniziare a scrivere il capitolo più lungo, complesso e impegnativo della propria esistenza.

- 18/02/2018

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