La conoscenza come rimedio all’oscurità del mondo. Un nuovo libro di Baldo Meo

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È giunta al tredicesimo numero con un nuovo libro di Baldo Meo, Pareri sul mondo oscuro, 2022, la collana di puntoacapo, Ancilia, il cui nome, come nota G.Pontiggia che la dirige, «evoca il mito dello scudo caduto dal cielo e custodito dai sacerdoti Salii. Numa ne fece fare undici simili perché la ninfa Egeria gli aveva predetto che dalla conservazione dell’ancile dipendeva quello dell’intera comunità». Anche la poesia, quindi, va custodita come un bene prezioso per l’intera comunità perché sua prerogativa è quella di «restare al centro della nostra vita, nel punto in cui qualcosa di essenziale si va annunciando».

 

Nato nel ’57, presenza nota e stimata già negli anni Settanta/Ottanta nel mondo dei poeti romani, Baldo Meo ha collaborato a riviste e giornali e ha pubblicato svariate raccolte di poesia uscite fra il ’93 e il 2018. Questo nuovo libro nasce da tentativi, frammenti, dai quali, come scrive l’autore in una nota finale, scaturisce improvvisa una sorta di rivelazione e la scelta conseguente di «sopportare la disarmonia dell’esistere, l’inconoscibilità del senso delle cose». È molto antica, e si diffonde almeno dal III secolo d.C. con la dottrina del filosofo persiano Mani, l’idea di un principio di oscurità che si contrappone a quello della luce e precede la nascita del cosmo, proiettandosi poi su di esso come conflitto fra il bene e il male. A questa filosofia, rivista nella vita del presente, fa riferimento Baldo Meo: in Mani pensava   è ripresa dal manicheismo la teoria secondo la quale la salvezza si raggiunge solo con la conoscenza e la luce è buona e presente in ogni essere, ma ”il mondo ama l’oscurità e odia la luce”. Una sorta di oscurità dell’intelligenza avvolge le cose e Meo la dipinge con immagini germinate da una arcaica visionarietà apocalittica, da Lumache, sanguisughe, larve, tarantole p. 14, alla salamandra egizia p.68 o alla lucertola albina p. 71– un bestiario dell’orrore coniuga un remoto passato oracolare e magico con un presente in cui quelle antiche icone sono simboli che, in quanto tali, avviano la mente verso la conoscenza del presente. «Finché non viene rivelato in simboli / il mondo resta muto.» p.7. La trasposizione dell’immaginario antico in simboli comporta la possibilità di individuare e conoscere con l’aiuto del nesso fra passato e presente le cause dell’oscurità che ci avvolge: inventare verità inesistenti, muovere guerra al divenire, non capire che «lo stesso passare è saggezza, non solo rovina per l’uomo» p.14.  Ma «noi non conosciamo il nostro scopo» p. 17  e ci arroventiamo in pensieri tenebrosi, non abbiamo guide e quindi «La paura è la nostra risposta». p.53. Di questa paura metafisica, astrale, appaiono esempi concreti: in Introduzione al rito il poeta ricorda un rapporto “«pretermentale» con una donna («condividevamo un oscuro, ribollente magma viscerale»), mentre in Coscienza del padre o Adagio per archi (detto il Minotauro) usa nei confronti del padre espressioni che rivelano una qualche rifiutata, velenosa, ma inevitabile identificazione. E quindi se da un lato nota «che la sua maestà / ha lasciato il posto / a polvere e ragnatele / sottili come artigli», dall’altro stabilisce un sottile filo di contrapposizione e dipendenza, forma estrema di un amore svelato da un nascosto retrogusto di compassione umana: «Non sarò mai all’altezza / delle sue catastrofi / e del regno  abissale / delle sue molte sconfitte, / alle quali soccombeva / con sorrisi da equilibrista». Illusioni, parole non dette, preghiere non esaudite, distillato squallore: all’oscurità del mondo corrisponde quella dei rapporti umani, anch’essi votati alla mancanza di scopo e di senso. Unico rimedio è la conoscenza, il non lasciar spegnere quella luce che sopravvive in ognuno: «non spegnetela!», esclama. E poi, distaccandosi dal padre che «visse scontrosamente assente», affiora il conforto cercato nei riti della quotidianità e nella necessaria, inevitabile appartenenza all’oggi: «In attesa che il male si distacchi dal bene / coltiviamo le nostre piante, incontriamo i nostri amici, / ripariamoci dalla pioggia fitta che annulla i contorni».

 

Maria Clelia Cardona

 

Baldo Meo, Pareri sul mondo oscuro, puntoacapo ed., 2022

 

- 02/10/2022

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