“Batman: The Killing Joke” – Il flebile confine tra bene e male

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Sono trascorsi ventiquattro anni dall’indimenticabile Batman – Il ritorno (Batman Returns, 1992) firmato da Tim Burton, e altri quattro da Il cavaliere oscuro – Il ritorno (The Dark Knight Rises, 2012), capitolo finale con cui il regista inglese Christopher Nolan ha concluso la sua trilogia (iniziata nel 2005), incentrata su uno dei più famosi eroi del panorama fumettistico. Escluse le due incursioni altamente kitsch (per non dire trash) di Joel Schumacher con Batman Forever (id., 1995) e Batman & Robin (id., 1997), e l’uscita negli scorsi mesi del non proprio convincente blockbuster Batman v Superman: Dawn of Justice (id., 2016) di Zack Snyder, è da un po’ di tempo che si sentiva la voglia di vedere sul grande schermo – dopo i fasti della trilogia nolaniana – ancora qualche avventura del crociato incappucciato di Gotham City. Fortunatamente, le speranze e le attese dei fan, sono state ripagate con l’uscita di Batman: The Killing Joke (id., 2016) diretto da Sam Liu.

Omonima trasposizione filmica della famosa graphic novel di Alan Moore e Brian Bolland, Batman: The Killing Joke è un film d’animazione per adulti, violento, sanguinoso e spiazzante nelle scene, magistralmente dosato tra generi cinematografici come il noir e lo psycho-horror e atmosfere dal sapore decisamente hard boiled, che vanta una inaspettata maturità e relativa crudezza nei dialoghi (sapientemente scritti da Brian Azzarello il quale, una decina di anni fa, ha deliziato i lettori insieme a Edoardo Risso ai disegni, con l’ottimo Batman – Città oscura [Batman: Broken City]). Diversamente dall’opera da cui è tratto, Batman: The Killing Joke è incentrato su un doppio binario narrativo: da una parte la trasposizione mostra il fragile e conflittuale rapporto tra il cavaliere oscuro e Batgirl/Barbara Gordon, allieva e partner nella lotta al crimine, che si dipana in un lungo incipit aggiuntivo nella versione animata. Un rapporto, questo, condannato inevitabilmente a spezzarsi, a crollare nel momento in cui il legame mentore-allievo sfocia nel sentimenti (e qui non aggiungiamo altro per evitare spoiler).

Dall’altra parte il film di Liu mette in scena, approfondendo in maniera precisa e piuttosto esaustiva, l’ambiguo rapporto tra Batman e la sua storica nemesi, il Joker, concedendo un essenziale flashback (come nell’opera di Moore) durante il quale sono svelate le origine del più folle antagonista dell’uomo pipistrello. Ed è dal famoso villain che prende le mosse la storia principale di The Killing Joke: dopo essere evaso nuovamente dal manicomio criminale Arkham Asylum, Joker fa irruzione in casa di Barbara Gordon, sparandole nel basso ventre davanti l’atterrito padre, il commissario Jim Gordon. Dopo averla lasciata in fin di vita e paralizzata dalla vita in giù, Joker rapisce Gordon, lo rinchiude in uno spettrale luna park dove, senza esclusione di colpi bassi, gli fa provare e capire cosa significhi avere nella vita quotidiana una “giornata storta”, capace di sconvolgere l’esistenza delle persone comuni. Sulle sue tracce si mette immediatamente Batman, mai come ora assetato di vendetta e giustizia.

La grandiosità epica della graphic novel di Alan Moore e del film di Sam Liu risiede proprio in questo: nello spingere oltre i limiti, con tutta la forza possibile, il cavaliere oscuro, che si trova a dover decidere se continuare a vigilare sulla sua città consegnando i criminali alla giustizia oppure, in direzione completamente opposta al suo credo, sostituirsi alla giustizia stessa, arrivando anche ad uccidere pur di mettere la parola fine sul male che atterrisce e distrugge i deboli. The Killing Joke gioca le sue carte sul morboso legame “odio-amore” tra Batman e Joker, due “mostri” (per citare Heath Ledger/Joker di Il cavaliere oscuro) che si combattono a vicenda in una guerra senza quartiere, sempre sul filo del rasoio in cui sono in ballo le loro stesse esistenze. Ciò che più colpisce da un’opera come The Killing Joke è il raffinato piano psicologico sul quale tutte le certezze, le convinzioni ed i giuramenti fatti possono essere – da un momento all’altro – spazzati via, sepolti dalla più cieca violenza e dalla sete di giustizia che reclama, per i malvagi, una punizione esemplare come la morte.

Anche quando spinti dal più indomabile odio, dal più infrenabile istinto da giustiziere che porta ad un inevitabile punto di non ritorno, The Killing Joke stravolge la canonica logica della definizione di Bene e Male, mescolando le due forze opposte e dimostrando come, in fondo, sia Batman che il suo nemico Joker siano due esseri che si completano a vicenda, in un agghiacciante rapporto speculare basato sulle falle del flebile confine che separa il bene dal male. La certezza – senza ombra di dubbio alcuno – è quella che The Killing Joke colpisce lo spettatore/lettore come un pugno nello stomaco, con una delle più controverse storie del mondo batmaniano, resa ancor più viscerale e sentita nell’inaspettato finale, dove bene e male, sanità e pazzia, luce e tenebra sono tutte facce di una stessa medaglia o meglio, per rimanere fedeli all’universo del cavaliere oscuro con una citazione in(diretta), due facce della stessa moneta.

- 11/12/2017

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