Sant’Alfredo

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Oggi è il mio onomastico: Alfredo<Alfre-Dino. Mi è venuto di riflettere poeticamente su questa ipertrofia dell’io che sembra avere contagiato gli italiani. Dedico la poesia ad Alessandro Liburdi, poeta che condivide con me una visione simile della vita.

 

Che angoscia! ma che angoscia! tra me stesso

mi grido, mi sospiro sopra un letto

con le gambe distese mentre l’aria

nessun fiato la smuove sulla testa.

Che trionfo quest’io che si contempla!

Quanto è facile dentro il mio cervello

ispezionare il mio disagio, farmi

un’indagine di stati di coscienza,

dirmi speciale, perché mi racconto,

con questa storytelling da trattato

divulgativo di sociologia,

la faccia e controfaccia di una scheda

che so scartabellare con perizia

e dirla con dovizia di scrittura.

 

Ma l’io, quest’io che accampa posizione

di comando, che sa, che vede, tranne

sé stesso? Fortunato il mio Verlaine

che giustamente dalla sua finestra

guardava la città: la vita è là,

tra i comignoli e i tetti di Parigi.

È qui, nel mio giardino, tra gli olivi,

e la siepe di teucrium, tra le foglie

del bosso, tra gli sterpi, nel canneto,

nel mirto che ormai sfida la tettoia

del capanno, e s’innalza fino al cielo,

mentre all’interno s’agita la pompa

del pozzo, e fa rumore. Tra le foglie,

volano vespe e calabroni, un tocco

di colore tra il verde delle siepi,

strisciano in terra biacchi e coronelle,

e sguiscia la lucertola tra sterpi,

saltano più nascosti i rospi, i ratti,

e volano tra i rami degli ulivi

upupe, gazze, corvi e pettirossi.

 

Io che ci faccio qui, con il mio io,

saturo di disperazione? Troppo

non è lontano il Tevere. Il Soratte

mi guarda con lo sguardo indottrinato

da centinaia di milioni di anni,

indifferente al mio dolore,

silenzioso ai lamenti della gente.

Se il mio pensiero corre, come deve,

oltre i confini di quest’io minuto,

in terre che non sono poi lontane,

terre del nord, altre più calde a Gaza,

vi ascolto spari, missili fuggenti,

grida di uccisi, spasimi di rabbia

e di dolore, e l’eco inascoltata

del pianto assiduo dei sopravvissuti.

Non è per questo altrove sconosciuta

la gioia, strimpellata l’allegria,

si accumula la folla sulle spiagge,

strombazza la gazzarra per le strade

e per le piazze di villaggi e borghi,

per discoteche, cinema, teatri.

 

Il mondo di qua ride, di là piange,

ed è dovunque vano il riso, il pianto:

da secoli e millenni li si ascolta.

Ma quale angoscia? Il mondo ha più diritto

di te, di dirsi mesto e disperato.

Perché nessuno sembra dare peso

al pianto, interessarsi al riso. Passa

presto il olore, come passa il riso.

Guardalo, e taci. Quest’angoscia lieve

che ti tormenta, non è, sai, nemmeno l’ombra

dell’angoscia in cui oggi muore il mondo,

quella parte di mondo a nord che soffre

gli insulti di una guerra, e l’altra parte,

in oriente, che ne subisce inerte

la distruzione. Il riso e il pianto

sono dovunque un atto d’impotenza.

 

Festeggia pure Sant’Alfredo, il nome

che ti fu dato il giorno che nascesti.

Il consiglio degli elfi1, da quel punto,

sarebbe stato guardare il mondo,

e non di lamentarti di te stesso.

L’indifferenza della storia segno

fu sempre della nostra indifferenza

al riso al pianto, al vano e breve affanno

che accolse in ogni tempo la miseria

con cui l’insipiens traccia il suo cammino,

senza guardarsi indietro, senza un occhio

che misuri il cammino che gli resta:

il deserto alle spalle, di sconfitti,

e davanti il deserto di chi vince.

 

Fiano Romano, 14 – 16 agosto 2024  (14 agosto: S. Alfredo)

1. Mio Dio, mio Dio, la vita è là / semplice e tranquilla. / Questo pacato rumore là / viene dalla città.

2. Questo sarebbe il significato del nome Alfredo: consigliato dagli elfi.

- 14/08/2024

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