Brevi riflessioni sull’obsolescenza programmata

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Ho scoperto solo di recente (meglio tardi che mai!) cosa sia l’“obsolescenza programmata”, leggendo un articolo su “Focus” mentre aspettavo che le pizze da asporto fossero pronte. Certo, non è bello – chiunque sarebbe d’accordo, credo – scoprire che tutto ciò che acquistiamo sia programmato per essere sostituito, prima o poi: lampadine, calze di nylon, frigoriferi, cellulari, computer, stampanti etc. etc.

Si resta un po’ perplessi e si riflette:

1° – Siamo ostaggi del consumismo!

2° – Anche noi siamo programmati per diventare obsoleti?

3° – C’è qualcosa che si salva dall’obsolescenza programmata?

– Quanto al primo punto, una veloce navigata su Internet ci apre gli occhi, almeno un po’: siamo, più o meno inconsciamente, manipolati dal “sistema consumistico” che produce, produce, produce affinché si venda, venda, venda e quindi poi si consumi, consumi, consumi per poi riacquistare, riacquistare, riacquistare… dopo tempi più o meno brevi.

Tutto ciò è sicuramente inquietante!

Non solo la ricerca (dietro ogni prodotto che consumiamo, infatti, ci sono ingegneri, chimici, medici, tecnici e via dicendo, che studiano, sperimentano, programmano, testano) viene indirizzata dai finanziatori non affinché il prodotto ultimo sia the best ma affinché esso abbia una durata prefissata, o perché programmaticamente sarà soggetto a guasti difficili o addirittura impossibili da “curare” (generalmente dopo la scadenza della garanzia!) e quindi si renderà più “conveniente” l’acquisto di un nuovo prodotto o perché, anche se non irrimediabilmente guasto, il bene diventerà “vecchio”, “non più competitivo” e “obsoleto”, appunto, sul mercato, grazie ai messaggi pubblicitari più o meno espliciti o subliminali… neanche tanto.

E non finisce qui! Che fine fanno i beni di consumo “consumati”? Diventano spazzatura ovviamente! E dove vanno a finire, specie se rifiuti nocivi e tossici? Stando a ciò che ho letto, in Africa o in altri Paesi del Sud del Mondo… ça va sans dire!

La questione è stata ed è oggetto di riflessione, anche mediante la letteratura e il cinema, nonché a livello di progetti di legge in alcuni Paesi.

Merita quindi la dovuta attenzione non solo da parte di chi è più o meno attivo in politica ma anche di tutti i cittadini-consumatori che vogliano esserlo più consapevolmente.

– Quanto al secondo punto, esso porta a riflettere in un campo più “intimista”: anche noi, essere umani, siamo soggetti all’obsolescenza programmata? E, se sì, io, che sono over forty, a che punto sono nella via verso l’obsolescenza?!? Mi sembra di galoppare, galoppare, galoppare… verso l’obsolescenza appunto!

Ma forse no, un individuo non diventa “obsoleto”: il nostro hardware, è vero, si deteriora, si consuma col tempo e ne porta i segni; in certi casi, i meno fortunati, anche il software sembra deteriorarsi, si aliena dal mondo del senso comune e si perde nel mondo dell’incomunicabilità… Abbiamo quindi sicuramente una “durata” limitata (questa è forse l’unica certezza – o una delle poche – di questo mondo) ma basta questo per considerare un individuo, un essere umano, “obsoleto”, “non competitivo” nel “mercato” vale a dire nella nostra società?

Purtroppo, fermandosi a riflettere su questo nostro mondo, certe tendenze, certi modi di pensare, certe filosofie di vita lasciano balenare, più o meno esplicitamente, una, più o meno pressante, insofferenza proprio verso gli individui che non rispondono più a tutti i canoni del prodotto “nuovo” e “funzionante” al meglio.

Nessuna ricetta preconfezionata per porre rimedio a questa tendenza: solo un invito alla riflessione affinché, irretiti in un mondo consumista, non diventiamo noi stessi prodotti da consumare, beni “usa e getta”, articoli più o meno alla moda…

– Quanto al terzo punto, c’è qualcosa che si salva dall’obsolescenza programmata?

Se ci si pone questa domanda, forse è perché si sa già la risposta, forse è solo una domanda retorica, almeno si spera, nel mondo de “La stanza di Virginia” e nei mondi affini che pure esistono.

Che dire infatti del “manufatto stampato, rilegato e non riproducibile in streaming” (cit. da “Storia d’amore vera e supertriste” di Gary Shteyngart)?

Si mantiene vitale, più che vitale, anche nella nostra società: si leggerà pure poco, magari anche male, ci saranno anche gli e-book e gli e-book reader a fare concorrenza, ma sicuramente non verrà soppiantato del tutto.

Sì, il bene di consumo “libro” mal si presta a diventare oggetto di “obsolescenza programmata”: sì, potrà invecchiare, le pagine potranno ingiallire, potrà squinternarsi, ma non per questo diventerà “obsoleto”. Anzi i segni di vita potrebbero aumentarne il valore, come il vino buono. E questo, quanto al “substrato materiale”. Quanto poi al “contenuto”, allo spirito in esso racchiuso, sia che si tratti di un romanzo, come di un manuale di studio, di un saggio, una raccolta di poesie, un dizionario perfino, esso perdurerà ancora di più, o perché riprodotto con altri mezzi (che però credo non soppianteranno il “libro”), o perché vivo nelle menti degli autori e dei lettori.

E allora, per sottrarsi alle trappole del consumismo e dell’obsolescenza programmata, vale la pena “consumare” libri: ce ne sono tanti, tantissimi, per tutti i gusti, per tutti i tipi di consumatori-lettori che vogliano investire il loro tempo in un’attività senza tempo… o quasi!

Pavia, 12 dicembre 2013

Questo ed altri articoli nella pagina del mio sito di cui al link che segue. Grazie a chi vorrà visitarla!

https://danielamarras69.weebly.com/articoli-daniela-marras.html

- 24/11/2018

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