Avanguardia e antiavanguardia

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Luciano Berio muore il 27 maggio 2003. Chiude un secolo, nel quale รจ stato un protagonista. Dovunque abbia fatto un’incursione ha lasciato un segno, nella musica sinfonica, da camera, nella canzone e nel “Lied” (la lingua italiana ha declassato il temine un tempo nobile di canzone, e non ne ha ancora trovato ancora un altro per denotare il canto d’arte), nel teatro, nel singolo pezzo breve per strumento, un tempo si diceva foglio d’album. Ma anche nel dibattito culturale e politico del tempo. Il pezzo di musica lungo, dal Settecento in poi, era sonata, improvviso, fantasia. Berio lo chiama Sequenza, termine medievale che indicava l’inserimento di un canto nuovo sul corpo di un canto preesistente, al modo del tropo, ma con la particolaritร  di avere un andamento isoritmico costante: Dies Irae, Stabat Mater. Sul corpo della sequenza Berio poi aggiunge un ulteriore intervento che chiama Chemin, cammino. Una volta germinata un’idea musicale, Berio ne sviluppa molte opere diverse, tutte a partire da quella idea. E forse tutta la sua musica รจ un cammino che ripercorre la memoria della musica occidentale, canto popolare compreso: Questo vuol dire che … (Roma, Auditorio della RAI, Foro Italico, 1969). Testimone del proprio tempo, Berio รจ anche, in realtร , testimone della memoria dell’Occidente, la musica si fa specchio di un modo di vedere la realtร . Ricostruisce l’ultima sinfonia, la decima, incompiuta, di Schubert e intitola la ricostruzione, che sarebbe piรน proprio chiamare restituzione, Rendering. Intraducibile: rendendo? presentando? L’Oxford Dictionary scrive: “1. Give in return (thanks). 2. Give back. … 3. Pay (tribute etc)”. รˆ tutto questo. Ma anche qualcosa di piรน. Come un archeologo, Berio non ricostruisce le parti mancanti, nei vuoti della partitura inserisce suoni arbitrari, estemporanei, che testimoniano appunto la presenza del vuoto. La colonna spezzata resta spezzata, non viene completata con materiale nuovo. Attualissimo, il messaggio di quest’idea della musica. Avanguardie e antiavanguardie si confrontano e, soprattutto, si combattono, a furia di reciproci anatemi denigratori: musica inesistente, musica sorpassata; musica cervellotica, musica sentimentale; le accuse meno offensive. Berio se ne trae fuori. Come prima di lui Stravinskij. Arzigogolare su un contrappunto complicatissimo di una serie inventata non gli pare in contraddizione con il piacere che puรฒ provocare all’ascolto, ma ancora piรน a suonarlo, un Intermezzo di Brahms o un madrigale di Monteverdi, e in questo caso unendosi con altri per cantarlo. Resta, comunque, che in ogni momento della storia anche la musica piรน radicale non puรฒ ignorare la musica che l’ha preceduta. Perfino nel nome la Nuova Musica non puรฒ cancellare la memoria dell’Ars Nova, la piรน vertiginosa Improvisation di Boulez il non meno vertiginoso rondel di Machaut “Ma fin est mon comencement”. Nel fauno di Mallarmรฉ fa l’occhiolino un epigramma di Asclepiade.

Ebbene, a questa sorta di point de repรจre (titolo di un libro di Boulez) del Novecento, ch’รจ Luciano Berio, l’Accademia Filarmonica Romana ha dedicato l’omaggio di una serata di due concerti nella Sala Casella sulla Via Flaminia, a pochi metri da Piazza del Popolo, dove nella stessa chiesa Raffaello e Caravaggio si sfidano l’uno proponendo il ritorno (rendering, giving back) dell’antico l’altro voltando a quello stesso antico le spalle, ma senza tuttavia dimenticarne la lezione. Nel primo concerto, la violoncellista Elide Sulsenti ha eseguito, di Berio, la Sequenza XIV (l’ultima) per violoncello, del 2002, l’anno che precede la morte; e il brevissimo foglio d’album Les mots sont allรฉs (Recitativo pour cello seul), del 1976-78. Nel secondo concerto Andrea Lucchesini, al pianoforte con pedale tonale, ha proposto, sempre di Berio, la Sequenza IV per pianoforte, del 1966, e Six Encores, brevi pezzi occasionali (ma Goethe sostiene che ogni grande poesia รจ poesia d’occasione) – il titolo significa “sei bis” – composti tra il 1965 e il 1990. Ha presentato, dottamente e piacevolmente, i solisti e le musiche, Angela Ida De Benedictis. C’รจ, in questa musica, oltre che la storia della musica europea, la storia degli interpreti della musica europea. Per esempio, dietro Les mots sont allรฉs la figura del grande violoncellista russo Rostropoviฤ, cui รจ dedicato (ma il vero dedicatario รจ Paul Sacher, dal cui nome, mi bemolle la do si mi re, รจ tratta la cellule musicale del pezzo). I brani occupano lo spazio di un tempo immenso, oltre quaranta anni. La scrittura di Berio si fa via via piรน scarna, piรน essenziale. Fino alla meraviglia dell’Encore intitolato Wasserklavier, tastiera-pianoforte d’acqua. La cellula musicale รจ tratta da un Intermezzo di Brahms, il secondo dell’op. 117, e dalla Fantasia in fa minore per pianoforte a quattro mani di Schubert, sovrapposte, mescolate. Berio definisce il carattere dell’intermezzo brahmsiano “una polifonia virtuale”. Significa che non c’รจ una voce principale, ma tutte si intrecciano in un “arabesco” meraviglioso, in cui l’intrico musicale si fa specchio dell’intrico mentale che lo costruisce e forse, anche, di un altro, inafferrabile, opaco, imprecisabile, intrico che definisce la vita di ciascuno. La filigrana degli intervalli brahmsiani si assottiglia in un’evocazione che appare come un fantasma. E dietro il fantasma brahmsiano compare quello schubertiano, come, chi sa, apparve a Schumann che se lo sentรฌ dettare dentro in un sogno il tema sul quale compose le sue ultime variazioni. E a quelle ultime diede un seguito Brahms. Tutto questo, nel brano di Berio, non รจ esplicito, ma รจ sottinteso. Ecco, se nella poesia moderna – ma da quando moderna? da Callimaco? da Catullo? da Petrarca? da Shakespeare? da Verlaine? – se i poeti moderni amano citare e poi, sempre piรน spesso alludere, citare senza citare alla lettera il poeta amato, che cosa farร  la musica “moderna”? se il finale di una sonata di Schubert (la maggiore) allude al finale di una sonata di Beethoven? se sempre a Beethoven rinvia la Fantasia di Schumann e a Schumann gli Intermezzi di Brahms? L’arabesco di questa polifonia virtuale si scioglie come la lana da un gomitolo, e ci penetra i nervi, ci abbandona al sortilegio di un canto che prelude al silenzio. Fuori di metafora, la fine della musica, la fine dell’arte, ogni volta minacciata quando sembra perduto il bandolo del passato, ecco che invece si realizza come un nuovo inizio, un riprendere fiato, tra le maglie di un contrappunto che dall’intonazione parigina del “viderunt omnes”, Magister Perotinus, ci perviene fino alle tessiture minime del contrappunto di un Ligeti, e, infine a questi fogli d’album di Berio che sembrano mossi dalla volontร  di ricostruire una memoria di tutto il perduto, non solo musicale, che affligge la vita di ciascuno. Elide Sulsenti, giovanissima, se ne mostra giร  edotta, forse, chi sa, attraverso la voce dello strumento. O, piรน probabilmente, perchรฉ non si puรฒ suonare nessuno strumento – e nemmeno cantare con la propria voce – se non si รจ prima assimilata la musica dello strumento e acquisita nella voce l’esperienza di tutte le voci che l’hanno preceduta. Certo รจ che la musica fluisce, naturale, come se non richiedesse lo sforzo di un lungo studio. Il commiato di Boccherini da Madrid non รจ poi cosรฌ lontano nel tempo. Lo stesso Berio ce lo ricorda. Lucchesini, la Sequenza, gli Encores li ha maturati dentro di sรฉ negli anni. Trenta. E sembra averli trasfusi nelle dita delle mani come l’atto spontaneo di afferrare qualcosa. Scivola sui tasti, abbassa e toglie la mano dalla tastiera con l’estro perfino di un jazzista, se ne ha bisogno, ma mai le dita battono casuali o monotone, uguali, i tasti del pianoforte. Puรฒ cosรฌ udirsi il miracolo, per esempio, del Luftklavier, il pianoforte dell’aria, quasi come se fosse un preludio di Debussy o una Rondeรฑa di Albรฉniz. ma con uno stridio nuovo che l’allontana, lo avvolge di un’aura che ha la tensione del ricordo. Quanto alla Sequenza IV sembra riassumere in sรฉ il carattere di una sonata, o, piuttosto, di una fantasia. E anche qui ritorniamo alle origini romantiche – non classiche – di questi termini. Forse vi si puรฒ percepire perfino un’eco della Deuxiรจme Sonate di Boulez, ma solo un’eco rarefatta. Fu composta dopo la Sequenza III, per voce, dell’anno precedente, indimenticabile la performance di Cathy Berberian. Ma segue un percorso musicale diverso. Qui non รจ la voce umana a essere indagata, ma lo strumento, il pianoforte: c’รจ l’idea che ogni suono emesso rievochi la musica di un secolo. Ma tiriamo, finalmente, le somme. Oggi, guardata a distanza, la polemica ci sembra inutile, e soprattutto speciosa, non coglie il senso di ciรฒ che vorrebbe o approvare o condannare. Che questi Encores siano diventati un classico con il quale si misurano oggi ormai molti pianisti, anche giovanissimi, รจ il segno di quanto questa musica abbia colto lo spirito del tempo. Tuonarvi contro, opporle un ritorno a piรน “comprensibili” (ma che cosa รจ comprensibile, della musica?), piรน udibili forme musicali, oppure proporla, invece, autoritariamente, come l’unica musica possibile, sono posizioni, entrambe, anacronistiche, che non tengono conto della molteplicitร  di soluzioni che la storia modella via via nel suo percorso. Per assurdo, paradossalmente, poi, proprio i compositori che da taluni sono accusati di avere imposto dogmaticamente un’unica via agli altri compositori, sono quelli la cui musica oggi, a riascoltarla, ci appare la meno dogmatica che si possa immaginare, tutta protesa com’รจ, invece, ad avventurarsi in territori inesplorati o a riesplorare, ma con l’orecchio di oggi, la musica del passato. Che serata gradevole ci ha fatto trascorrere l’Accademia Filarmonica Romana, commemorando i venti anni dalla morte di Luciano Berio! L’efficacia della serata stava proprio nel fatto che ci ha reso consapevoli di come, ormai, ascoltare una pagina di Berio, รจ come ascoltarne una di Stravinskij, o di Brahms, o di Schubert. O, addirittura, di Josquin. Piรน indietro ancora, di Machaut, di Vitry, di Perotinus, di Leoninus. O – perchรฉ no? – di un canto “romano” (come veniva chiamato il cantus planus che oggi chiamiamo gregoriano), un tropo, una sequenza.

Luciano Berio/ Florence/1997

Ma l’ascolto di queste musiche di Berio, e le riflessioni che soprattutto Andrea Lucchesini ha voluto confessarci, a chiarire l’accostamento di un pianista a una pagina di cosรฌ complessa articolazione, come puรฒ essere la pagina di un compositore del novecento, ha inoltre rafforzato in noi, che ascoltavamo, o almeno lo spero, la convinzione di quanto fallaci, assurdi, anzi irreali, siano i muri che si alzano tra una musica e un’altra, tra un genere e un altro, tra la cosidetta “classica” (termine sbagliato quanto altri mai) e la cosiddetta “leggera” (come se l’altra fosse pesante!). Poeti, musicisti del passari erano piรน aperti di noi. Non c’erano muri, c’erano se mai confini, limiti. Un quartetto non รจ una danza popolare. Ma gli sconfinamenti erano frequenti. E non solo in epoca romantica. Un compositore del quattrocento poteva scrivere una messa il cui cantus firmus, la melodia di sostegno, era una canzonaccia goliardica di provocante sapore osceno. Per esempio “L’homme armรจ”, canto popolare, studentesco che celebra le virtรน di un uomo, il maschio armato, come tutti sanno, e che la sua arma puรฒ adoperarla davanti e di dietro. Non รจ un discorso aereo, intellettuale. I muri non li alziamo oggi solo tra i generi musicali. Li alziamo anche tra i popoli. Con la stessa inutile e irreale protervia dei muri tra i generi musicali, ma con maggiore ferocia, e con piรน determinata ostinazione. Be’, anche in questo Berio ci puรฒ essere maestro. A che genere appartengono i suoi Folk Songs? E perchรฉ mai Stockhausen sarebbe un altro mondo rispetto a Poulenc? Ma qui il discorso si complica. Perchรฉ davvero รจ un altro mondo. Ma non opposto o nemico a quello di Poulenc, bensรฌ complementare. Ma questa, per un’altra volta.

ACCADEMIA FILARMONICA ROMANA

OMAGGIO A LUCIANO BERIO

Sala Casella, Via Flaminia 118, Roma

24 maggio 2023

I Concerto

Luciano Berio

Sequenza XIV

Les mots sont allรฉs (‘Recitativo’ pour cello seul)

Elide Sulsenti, violoncello

II Concerto

Luciano Berio

Sequenza IV per pianoforte

Six Encores

Andrea Lucchesini, pianoforte

Introduzione ai due concerti di Angela Ida De Benedictis

- 25/05/2023
TAGS: musica

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